
L’insensibilità d’una gran parte degli uomini di fronte alle sofferenze degli animali ha le sue origini nello stolto preconcetto che fa dell’uomo un essere privilegiato della creazione, solo dotato di intelligenza e di volontà e perciò padrone assoluto di tutti gli altri esseri viventi, i quali non hanno in vero e proprio senso una vita spirituale, ma sono semplici esseri materiali, cose. Basta tuttavia sorpassare queste barriere artificiose per sentire che anche gli animali hanno intelligenza e sentimento, che ci intendono e ci parlano, che soffrono ed implorano, che vi è tra noi ed essi una parentela ed unità profonda; che il senso di pietà che noi proviamo per le sofferenze loro è della stessa natura del sentimento che ci ha legati in una società morale con gli altri uomini. La concezione che fa dell’uomo un essere privilegiato nel mondo animale è così assurda come quella che ne faceva il centro dell’universo. Qualunque sia l’abisso che separa l’intelligenza dell’uomo da quella del polipo, certo è che essa ha la stessa origine, la stessa natura, gli stessi destini. Anche la vita del sentimento è della stessa natura del sentimento umano. Anche gli animali sono capaci di moralità, di affetto, di riconoscenza; anch’essi godono e soffrono ed esprimono coi mezzi più suggestivi i sentimenti che essi provano: il dolore delle bestie perseguitate a morte, delle madri ferite che supplicano per i loro figli, ha qualche cosa di umano. Come dubitare quindi che abbiano anch’essi i loro diritti? Anche gli animali hanno diritti, perchè noi abbiamo verso di essi doveri; anch’essi fanno parte della grande città di Dio, nella quale tutti gli esseri hanno diritto alla benignità. Il dominio che sopra di essi oggi esercita l’uomo è una schiavitù crudele. Gli animali che a lui servono sono privati della libertà, vengono considerati come cose e privati indifferentemente della vita, spesso coi mezzi più barbari, per egoismo, per capriccio, qualche volta per crudeltà e per il piacere veramente umano di vedere soffrire un essere. Ora il dolore è sempre dolore: ogni sofferenza inflitta senza necessità ad un essere sensibile rappresenta semplicemente l’esercizio d’una volontà malvagia ed è una crudeltà, un’ingiustizia, un male in chi la infligge. Nell’ uomo il diritto non è che un correlativo del dovere che gli altri hanno di rispettare la sua persona. Ma anche negli animali vi è correlativamente al dovere che verso di essi ha l’uomo un diritto al rispetto. Una importante sorgente di sofferenze per gli animali viene dal fatto che essi servono alla nostra alimentazione. Io non voglio qui discutere sulla necessità o non dell’alimentazione animale; ma io credo che in un avvenire più o meno lontano l’uomo non avrà più bisogno, per vivere, di divorare le carni degli altri animali. Mai noi abbiamo naturalmente doveri verso tutti gli animali, anche verso quelli che vivono fuori della dipendenza dell’uomo. In particolare dobbiamo energicamente ripudiare alcune usanze barbare che soltanto l’insensibilità abituale dell’uomo di fronte alle sofferenze animali può ancora mantenere in vita. La prima è quella di mantenere in prigione, per semplice diletto, animali selvatici, strappandoli alla loro vita naturale e libera e chiudendoli per il resto dei loro miserabili giorni in uno spazio ristretto che li riserba ad una lenta agonia; le sofferenze che provano gli animali chiusi nei serragli e gli uccelli chiusi nelle gabbie non compensano certo il piacere e il vantaggio che l’uomo può trarre dalla loro vita e dal loro canto. La seconda è quella di servirsi, per i puri capricci del lusso e della moda, di prodotti d’origine animale, ciò che naturalmente provoca la distruzione di innumerevoli animali, da cui questi prodotti vengono ricavati. Ciò si riferisce in primo luogo all’uso delle pellicce che sono nella maggior parte dei casi un lusso barbaro ed assurdo. La terza è quella della caccia, la più vana e la più ingiustificata delle violazioni del diritto dell’animale. Uccidere per necessità è doloroso; ma cercare il proprio piacere nelle angosce della morte di altre creature è d’una stupidità desolante! La caccia non è possibile se non per una specie di indurimento e di insensibilità abituale: essa è una brutalità che nessuna necessità giustifica e che non dovrebbe sussistere in un paese in cui la giustizia e l’umanità fossero qualche cosa di più che semplici parole.
Piero Martinetti, Breviario spirituale
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